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Parashat Vajkrà - Shabbat Zacor 5763


"E chiamò Moshè. E parlò il Signore a lui dalla Tenda della Radunanza dicendo:Parla ai figli d’Israele e dirai loro: ‘Un uomo, quando avvicini da voi un korban al Signore, dal bestiame, dai bovini e dagli ovini, avvicinerete il vostro korban. Se il suo korban è un olocausto, dai bovini, avvicinerà un maschio integro, lo avvicinerà all'entrata della Tenda della Radunanza, per sua volontà dinanzi al Signore.’’" (Levitico I, 1-3)

"…quando un uomo avvicini da voi: Quando avvicini da voi stessi. Attraverso la confessione e la sottomissione secondo quanto è detto:E completeremo i tori con le nostre labbra...’ (Oshea XIV,3) e come è detto nei Salmi (LI,19): ‘L’offerta per il Signore è lo spirito affranto’, poiché non desidera negli empi che offrano senza prima essersi sottomessi e già hanno detto, sia il loro ricordo di benedizione (TB Chulin 8a) ‘da voi, e non da tutti voi, per escludere l’apostata’." (Sforno in loco)

Una volta costruito il Santuario, e sopratutto una volta capito che il Santuario è un modello del vero Santuario che è quello che ognuno costruisce nel suo cuore, la Torà introduce Moshè, e noi con lui, all’interno di questo: nel mondo del korban, dell’avvicinamento a D-o. In quel mondo del processo di avvicinamento a D-o di cui la presentazione del korban, l’offerta sacrificale, non è che l’aspetto esteriore. Così spiega Sforno: la radice del korban è ‘da voi stessi’, ed il processo che conta è quello interiore di sottomissione e pentimento del quale il korban fisico è la necessaria materializzazione, per quel processo caro al Sefer HaChinuch per il quale ‘i cuori vanno appresso alle azioni’. È proprio in questo senso che Sforno spiega il fatto che non si accettano korbanot da un ebreo che non rispetta le mizvot: che senso ha un offerta materiale evidentemente scollegata dal processo interiore?

Questo crea apparentemente un certo imbarazzo giacché sappiamo bene che ad esempio si accettano korbanot volontari dai gentili così come impariamo nel trattato di Nazir (TB Nazir 62a) dove il rafforzativo ‘Ish Ish, (uomo uomo significa ogni uomo) in Levitico XXII,18 viene interpretato come ‘a comprendere i gentili che offrono nedarim e nedavot [due tipi di offerte volontarie] come Israel’.

Eppure non pare imbarazzato affatto il Chizkuni che commenta in loco la parola ‘da voi’ in due modi:

a) da voi: e non da tutti voi, ad escludere gli apostati che non accettano il patto d’Israele.

b) da voi: voi ho separato e non i gentili, che persino il korban di un gentile malvagio viene accettato, al fine di avvicinarli sotto le ali della Shechinà .

E lo stesso Sforno ci invita a non scandalizzarci affatto giacché: ‘ecco che gli apostati sono peggiori dei gentili, ed in particolare coloro che fanno idolatria e profanano pubblicamente lo Shabbat’.

L’ebreo è già sotto le ali della Shechinà e per questo gli è richiesto un comportamento particolarmente ligio. Il suo korban nel Santuario serve non solo a tenerlo lontano dall’idolatria come sostiene il Rambam, ma anche ad avvicinare il mondo intero al suo Creatore secondo l’opinione del Ramban. Il Meshech Chochmà sostiene nella sua introduzione al libro di Vajkrà che l’opinione del Rambam si riferisce al concetto generale di offerta (ad esempio sulle bamot, gli altari sui quali era permesso offrire prima che venisse costruito il Santuario) mentre l’opinione del Ramban si riferisce alle offerte d’Israele nel Santuario. Sulla stessa scia potremmo proporre che questo è il senso di quanto dice il Chizkuniper avvicinarli sotto le ali della Shechinà ossia per allontanarli dall’idolatria (come per il Rambam) e non per unire il Mondo Spirituale a quello materiale (come per il Ramban), operazione riservata ad Israele, dalla quale è escluso l’ebreo che non accetta la Torà.

Dunque si accettano nedarim e nedavot da non ebrei nel Santuario, per avvicinarli alla accettazione della Presenza Divina. Ma bisogna fare attenzione. Nel caso dei gentili non c’è da andare tanto per il sottile sulla condotta dell’offerente, ma bisogna pur sempre stare attenti alla qualità dell’offerta. Infatti nella Parashà di Emor pochi versi dopo l’espressione dalla quale impariamo che si accettano offerte dai gentili, ed immediatamente dopo la lista delle imperfezioni fisiche che squalificano un’offerta, troviamo: ‘e dalle mani di un gentile non avvicinerete un offerta al vostro D-o da tutte queste...’

Straordinariamente si tratta di una delle seicentotredici mizvot della Torà, codificata dal Sefer HaChinuch come precetto 312: non offrire un’offerta imperfetta neppure per un gentile. E specifica il Sefer HaChinuch che le stesse 73 imperfezioni possibili che squalificano un’offerta per un ebreo, la squalificano per un gentile. Non solo le grandi imperfezioni come l’assenza di un arto (che rendeva invalida l’offerta anche per gli idolatri) ma anche i piccoli dettagli richiesti all’offerta d’Israele.

Dunque se si permette al gentile di offrire per mostrargli come si serve Iddio, quantunque questi non sia ancora un servo di D-o, si deve stare a tenti a non fare sconti: Iddio richiedere un offerta senza difetti, a testimoniare che ci viene richiesto di avere una condotta senza difetti. E soprattutto che tale condotta non è solo auspicabile ma possibile e perseguibile.

Incredibilmente proprio attorno a questo divieto ed a quello immediatamente precedente di rendere invalida un offerta attraverso la volontaria mutilazione di questa, vertono gli eventi che conducono alla distruzione del Secondo Santuario.

Nel trattato di Yomà (9b) i Saggi si chiedono come mai il Secondo Santuario sia stato distrutto quantunque gli ebrei si occupassero di Torà, mizvot, ed opere pie, le tre cose sulle quali il mondo si regge. Essi rispondono che fu per via dell’odio gratuito che c’era tra loro. Rav Mordechai Elon shlita si chiede come è mai possibile che una cosa non escluda l’altra! O c’è Torà, mizvot ed opere di bene, o c’è odio gratuito. E ancora: quest’odio gratuito era così enorme? Sicuramente ognuno avrà avuto degli amici, ci sarà stato un di bene. Rav Elon sostiene che non abbiamo chiaro il concetto di ‘sinat chinam’, odio gratuito.

I Saggi portano un esempio di quest’odio gratuito nel famosissimo passaggio di Ghittin (55b) nel quale viene raccontato l’incidente di Kamza e Bar Kamza che provocò la distruzione di Jerushalaim.

"Avvenne che un uomo aveva come amico Kamza e nemico Bar Kamza. Fece una festa e disse al suo servitore: vammi a prendere Kamza. Andò e gli portò Bar Kamza [per errore]. Venne [il Padrone di Casa] e trovò [Bar Kamza] seduto. Disse lui:Ecco che tu mi odi, che ci fai qui? Alzati e vattene!’ Disse lui:Visto che sono venuto lasciami rimanere e ti pagherò tutto quanto mangerò e berrò. Disse lui:No!’ ‘Ti darò il prezzo di mezza festa...’ ‘No!’ ‘Ti darò il prezzo della festa intera’ ‘No!’ Lo prese per un braccio, lo fece alzare e lo fece uscire. Disse Bar Kamza:Visto che c’erano [tutti] i Saggi e non hanno protestato contro di lui vuol dire che a loro va bene cosi. Andrò e farò maldicenza contro di loro con il re’. Andò dall’Imperatore e disse lui:Gli ebrei si sono rivoltati contro di te!’ Disse lui [l’Imperatore]: ‘Chi lo dice?’ Disse lui: ‘Mandagli un korban e guarda se lo offrono’. Andò e mandò in mano sua un bel vitello. Nel condurlo Bar Kamza gli fece un difetto sul labbro. E c’è chi dice in una parte dell’occhio. In un posto [comunque] che per noi è un difetto e per loro non è un difetto. Dissero i Saggi di offrirlo per via della:Pace del Regno’. Disse Rabbì Zecharià ben Avkulas:Diranno che offerte invalide vengono offerte sull’altare’. Dissero di uccidere Bar Kamza affinchè non andasse a raccontarlo al re. Disse loro Rabbì Zecharià ben AvkulasDiranno che la pena per colui che fa un’imperfezione su un’offerta è la morte’. Disse Rabbì Jochannan:La modestia (la tolleranza – Rashì) di Rabbì Zehcarià ben Avkulas ha distrutto la nostra Casa, ha bruciato il nostro Edificio e ci ha esiliati dalla nostra Terra’."

L’Imperatore andò e distrusse il Santuario.

Il racconto qui riportato vuole senz’altro dimostrare come unsemplice’ episodio di odio gratuito ha distrutto il Santuario. Rabbì Jochannan però si sofferma sulla seconda parte del racconto ed accolla la responsabilità alla leadership rabbinica ed in primo luogo a Rabbì Zecharià, il più grande della generazione che era presente alla festa (secondo la versione riportata in Echà Rabbà IV) e che si fece carico di una decisione sostanzialmente sbagliata.

Da notare che è proprio lo stesso Rabbì Jochannan a dire in TB Bavà Mezià 30b che ‘Non fu distrutta Jerushalaim altro che per via del fatto che giudicavano in essa secondo la Legge della Torà. E si chiede la Ghemarà:Dovevano forse giudicare secondo la legge della violenza? Come a dire: certo che giudicavano secondo la Torà, secondo che altra legge dovevano giudicare? Allora dì perché giudicavano secondo la Legge della Torà e non in maniera più elastica della Lettera della Legge’.

Quantunque tanto Rabbì Jochannan in Bavà Mezià che Rabbì Jochannan ben Tortà in Yomà espongano la loro opinione come assoluta, le Tosafot in Bavà Mezià sostengono che entrambe sono corrette.

Rav Mordechai Elon shlita dice che in sostanza si tratta della stessa mancanza. Ma che nesso c’è tra l’odio gratuito e il non giudicare in maniera elastica? Rav Mordechai Elon sottolinea che Rabbì Zecharià, il Maestro della generazione, presente alla festa, vede tutto e non protesta. Voleva, dice la versione di Echà Rabbà, ma decide di rimanere in silenzio, era umile. È la sua umiltà che ha distrutto il Tempio, dice Rabbì Jochannan. E Rashì dice: la sua umiltà, ossia la sua tolleranza, il non aver ucciso Bar Kamza. Bastava una parola di Rabbì Zecharià per ricomporre la festa. Bastava una sua decisione halachica per ricomporre la frattura con l’Imperatore. Ma Rabbì Zecharià è un uomo pio ed umile e non se la sente di prendere in mano la halachà. Rabbì Zecharià non è stato capace di prendere in mano la dinamicità della Torà Orale. Non aveva capito forse fino in fondo il fatto che la Torà era nelle sue mani. E che Iddio ha dato ad Israele ed Israele alle sue cariche istituzionali la facoltà di stabilire decreti e leggi e punire con la morte chi le trasgredisce, secondo quanto insegna il Chatam Sofer.

Spiega Rav Elon che odio gratuito significa non dare peso all’odio, non considerarlo una cosa seria come l’imperfezione di un animale sacrificale. I Saggi dicono nel Talmud che ‘colui che svergogna il proprio compagno in pubblico è come colui che ha rapporti sessuali con una donna sposata’ . Ed il Chafez Chajm ci chiede in proposito se capiamo veramente che i Saggi non stanno scherzando, e non stanno esagerando. Dicono sul serio, è grave anzi gravissimo. Rabbì Zecharià ed i Saggi che erano presenti e non dicono una parola, sono loro che rendono l’odio gratuito, ossia non degno di essere trattato come un argomento serio. Rabbì Zecharià non vuole uccidere Bar Kamzà per paura che la gente pensi che la pena che la Torà prevede per colui che rende volontariamente invalida un’offerta è la morte, mentre in realtà è la fustigazione. Non sa condannare a morte Bar Kamzà e spiegare alla gente che la Torà ha dato a lui l’autorità di decidere che chi tradisce Israele va messo a morte. L’amore gratuito, quell’amore che permea ogni aspetto della vita, dev’essere in primo luogo amore per la Torà, e per Israele. Dev’essere l’amore per la Torà Orale che sa rendere elastica la Torà non per modificarla, ma per permetterne una effettiva applicazione. La Torà non si applica assistendo muti all’omicidio morale di un ebreo nel corso di una festa. La si applica nel decidere sulla base della Torà cosa è bene per Israele.

Ed ecco che amore gratuito e Torà Orale sono i due presupposti per la vita indipendente d’Israele. L’accettazione definitiva della Torà Orale come sappiamo avviene infatti proprio all’epoca di Ezrà e coincide con l’istituzione della Grande Assemblea e con la ricostruzione del Santuario, in sostanza con gli eventi di Purim. Proprio in occasione della festa di Rosh Hashanà, quando per la prima volta Ezrà legge pubblicamente la Torà, in quella straordinaria giornata nella quale viene distrutto l’istinto del male dell’idolatria, Ezrà invita il popolo ad essere felice: a mangiare prelibatezze e bere bevande gustose ma soprattutto ad inviarsi doni l’un l’altro. Il Santuario cade per l’odio gratuito della non applicazione della Torà Orale proprio perché era stato edificato sulla accettazione eterna della Torà Orale e del concetto di amore gratuito. Amore gratuito significa dunque non dare peso all’amore, nel senso che deve essere evidente che io amo il mio prossimo. E così Ezrà invita a scambiarsi doni a Rosh Hashanà: per cementare l’amore per il prossimo.

Rabbì Jeudà Hallevì, nella conclusione del suo inno per Shabbat Zachor (Iclù Reim), nel quale descrive la festa di Purim, nel parlare dello scambio dei doni utilizza in maniera inaspettata proprio il verso che parla dei doni istituiti da Ezrà (Nechemià VIII, 10).

Rav Mordechai Elon spiega che la storia di Purim come narrata nel libro di Ester coincide storicamente con gli eventi del libro di Ezrà e Nechemià. Sono due modi di guardare gli eventi. Li si può guardare dalla prospettiva della diaspora o da quella di Erez Israel. Nel libro di Ezrà (IV, 1-6) troviamo che nonostante l’Editto di Ciro i lavori per costruzione del Secondo Tempio furono interrotti molte volte per l’opposizione delle popolazioni locali, che si erano insediate in Erez Israel. È detto anche che all’epoca di Assuero, all’inizio del regno fu scritto un decreto di odio contro gli abitanti della Giudea e Jerushalaim. Alla fine del regno iniziò la costruzione definitiva che fu completata sotto il regno di Dario (forse figlio di Vashtì o di Ester). Rashì su Ester (IX,10) è semplicemente monumentale:

"I dieci figli di Aman: Ho visto nel Midrash Seder Olam che sono questi dieci che scrissero [un decreto] odioso contro Jeudà e Jerushalaim come è scritto nel libro di Ezrà (IV,6)’ E durante il regno di Assuero all’inizio del suo regno scrissero [un decreto odioso] contro Jeudà e Jerushalaim’. E cos’era questo decreto odioso? Di far cessare la costruzione del Santuario da parte degli ‘olim’ dalla diaspora dell’epoca di Ciro contro i quali avevano fatto maldicenza i gentili sì da interromperli. E quando morì Ciro e regnò Assuero e si innalzò Aman, si preoccupò che coloro che erano a Jerushalaim non si occupassero della costruzione del Santuario e mandarono a nome di Assuero ai satrapi di oltre fiume di fermarli."

Aman vuole distruggere Israele. Allora nomina i suoi figli Ministri per la questione di Gerusalemme. Aman non vuole che si costruisca il Santuario e ordina ai suoi figli di occuparsi di ciò.

Purim Shushan, il giorno dopo Purim, è il giorno in cui furono impiccati i figli di Aman, è il giorno in cui cessa l’impedimento nella costruzione del Secondo Santuario. Purim, con la sua accettazione eterna della Torà Orale è dunque il fondamento del Secondo Tempio. Ed è dunque strepitosa l’operazione dei Saggi che proprio in virtù ed attraverso la Torà Orale translano gli avvenimenti di Shushan nelle Città che avevano le mura all’epoca di Jeoshua bin Nun rendendo di fatto la Terra d’Israele e Jerushalaim in particolare il palco per la celebrazione del Purim Sushan. In primo luogo perché è proprio Jerushalaim che deve festeggiare la morte dei figli di Aman e il ripristino della costruzione del Santuario. In secondo luogo perché proprio Jeoshua bin Nun è il prototipo dell’autorità rabbinica che deriva da Israele. Spiega infatti il Chatam Sofer (Orach Chajm siman 208) che è dall’investitura del popolo che deriva il potere di vita e di morte di Jeoshua e non dall’investitura di Moshè giacché la Torà non prevede tale potere per il re. È il popolo che ha capito il concetto di Torà Orale e che investe Jeoshua del pieno potere politico.

Purim Shushan è dunque il proclama politico del popolo d’Israele: la costruzione del Santuario nonostante tutti coloro che pensano di possedere Erez Israel attraverso la loro occupazione fisica e non capiscono che essa è di D-o, della Sua Torà e di coloro che l’osservano.

Purim è dunque la festa nella quale veniamo chiamati a scambiarci doni, ad avvicinarci al prossimo ed alle sue necessità. È la festa dell’amore gratuito e della Torà Orale, ma è soprattutto la festa dell’amore gratuito per la Torà Orale.

La consacrazione di Ezrà è consacrazione eterna proprio attraverso l’accettazione eterna della Torà. Oggi stesso, mentre il mondo tenta come al solito di minare la ricostruzione del Santuario, Israele risiede in una Terra che è resa Sacra dai doni scambiati da Ezrà e Nechemià, da Mordechai ed Ester e da tutti gli ebrei del mondo in tutti i Purim della storia. La Terra d’Israele rimane sacra per via dell’unione sacra dell’amore gratuito che è il perno della vita d’Israele.

Di quell’amore che per Rabbì Akivà che ha saputo ridere della distruzione del Secondo Tempio,è il grande principio della Torà’!

Capiamo allora che è proprio attraverso una maggiore attenzione nei confronti del nostro prossimo ed attraverso l’amore gratuito verso Israele e la sua Torà Orale che oggi possiamo iniziare a gettare le fondamenta del Terzo Santuario, possa essere costruito ed inaugurato presto ed ai nostri giorni!

Shabbat Shalom e Chag Purim Sameach,

Jonathan Pacifici


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