RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI
SULLA TORÀ
XXIX
ACHARÈ MOTH
(Levitico XVI - XVIII)
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La lezione sabbatica odierna si occupa, tra l'altro, di un complesso di
norme che hanno un unico e ben definito carattere e che si potrebbero chiamare
leggi della castità e della purezza morale. Sono disposizioni a
carattere negativo e costituiscono uno dei lati delle leggi di santità,
quello che impone l'assoluta proibizione ad imitare le pratiche impure ed
oscene dei popoli stranieri, sia di quelli che Israele
aveva imparato a conoscere in Egitto, sia degli altri a contatto dei quali si
sarebbe fra breve trovato dopo la conquista della terra di Canaan.
Dice infatti la Parashà:
"Atti simili a quelli della terra di Egitto che voi abitaste o a quelli della terra di Canaan ove andrete, non compirete mai e non andrete dietro i loro usi. Le mie leggi eseguirete, i miei principi osserverete, Io sono il Signore Dio vostro. Osserverete dunque i miei principi e le mie leggi, attraverso le quali l'uomo si acquista la vita. Io sono il Signore" (Levitico XVIII, 3 e seg.).
Uno sguardo a queste norme in uso fra i popoli Cananei
ci persuade subito di questo solenne linguaggio della Torà, di questo salutare
ammonimento; sono queste per la maggior parte norme che violano
la purezza del costume e dei rapporti della famiglia, sono norme che
favoriscono l'incesto e le relazioni illecite, sono pratiche oscene e usi
innominabili assai diffusi in tutta la società antica. È ben naturale, quindi,
che la Torà insorga solennemente contro questi usi immondi e li specifichi singolarmente per mettere in guardia l'ebreo dal
contaminarsi con essi; non abbiamo detto infatti che tutta la vita d'Israele,
secondo le leggi contenute nelle ultime Parashoth
deve essere improntata a un modello di purezza e di santità? È chiaro
quindi che con questo modello di vita non potrebbero
conciliarsi affatto le pratiche impure dei popoli pagani. Questo
spiegherà anche come altrove la Torà proibisca in modo
perentorio anche l'unione matrimoniale con gli appartenenti a detti popoli, non
più per l'affermazione di un principio di superiorità e di privilegio ebraico,
ma unicamente allo scopo di preservare Israele dal contaminarsi con usi
immorali. La purezza della famiglia e la santità del costume di vita sono i
pilastri della vita d'Israele ed è alla luce di questa idea
che noi dobbiamo spiegare e intendere molte di queste norme che penetrano nella
condotta dell'individuo e che tendono ad educare i suoi istinti ed i suoi
sensi, anche quelli che per il loro carattere sembrerebbero sottratti alla
comune legislazione. Anche qui infatti balza evidente
il carattere inconfondibile della Torà: non troverete nessuna legislazione né
antica, né moderna che come la Torà si occupi con tanta diffusione di
particolari delle norme di vita matrimoniale e di educazione del sesso; questo è
un campo che di solito viene lasciato all'arbitrio ed ad libitum
dell'individuo ed è forse per questo conformarsi alla mentalità corrente e
superficiale, che spesso molti dei nostri ebrei, uomini e donne, che si trovano
per caso a leggere certi brani della Torà, se ne fanno le più grandi
meraviglie, come se la Torà avesse reso impure le sue pagine parlando di un
soggetto che alla mentalità comune non sembra adatto per una pubblica
trattazione. Ma costoro debbono sapere che la Torà
parla sempre il linguaggio della verità, anche quando, anzi soprattutto quando
questo linguaggio torna scomodo agli uomini. La Torà affronta direttamente e in
pieno tutti i problemi della vita morale, sia di quella individuale
che di quella collettiva, secondo i principi di vita che Dio ha stabilito
nell'uomo, non disdegnando di parlare proprio di quegli argomenti, che, per la
loro delicatezza e per la facilità con cui, a proposito di essi, gli uomini si
lasciano trascinare al peccato, sono proprio quelli che più richiedono attenzione
e avvedutezza. La Torà e' la legge della vita, è
la legge dell'equilibrio di vita: essa disdegna egualmente gli estremi opposti
nella condotta degli uomini; come condanna la brutalità e l'oscenità esagerata
dei godimenti corporei, così condanna egualmente il distacco dalla vita,
l'ascetismo, l'isolamento, l'astinenza dalle gioie pure ed oneste; essa è
contro il paganesimo che per sopravvalutare la vita corporea nega quella
spirituale, ma è anche contro quelle ideologie che guardando solo all'al di là,
negano la vita e i valori di essa che Dio ha concesso agli uomini; la Torà
guarda al cielo, ma non abbandona la terra, la Torà non vuole la morte
dell'individuo, non vuole la negazione né della vita dello spirito né di quella
dei sensi, egualmente santi, vuole l'armonica fusione di tutte le forze, di
tutte le energie in un principio di santità: "Ed eseguirete queste
leggi, osservando le quali l'uomo si acquista la vita, - la vera vita
vissuta in faccia all'assoluto - Io sono il Signore ".