RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ

XIII

SHEMOT

(Esodo I, 28 - VI,1)

LA VOCAZIONE DI MOSÈ

E L'AMORE DI DIO PER ISRAELE


 

Si inizia, con questa Parashà, la lettura del secondo libro della Torà: Schemòth. Si inizia con esso la storia di Israele vera e propria: la storia del popolo. Il primo libro è il libro dei patriarchi, il libro dei personaggi illustri e grandi, di coloro che con le opere e con la vita prepararono la nascita di Israele; il secondo libro è il libro della gente ebraica, è la storia del divenire d'Israele dai suoi primordi fino alla sua autoelezione a popolo sacerdotale. Che questa storia cominci proprio nel dolore e nella schiavitù anziché nella libertà e nella indipendenza, è un fatto che può dar luogo a molte riflessioni e che racchiude certo un grande significato; ma bisogna sapere fin da principio che la storia di Israele è diversa, molto diversa da quella degli altri popoli, bisogna abituarsi a questa diversità, bisogna - direi - familiarizzarsi con le strane, talvolta eroiche tal altra tragiche vicende di questo popolo: è così perché deve essere così, perché così esige la funzione di Israele. Lo studio di tutta la successiva storia d'Israele è la conferma di questa prima pagina, è - se vogliamo - la ripetizione in altre condizioni, in altri ambienti, di questa prima pagina. Chi trovasse strano ed enigmatico tutto questo, dovrebbe trovare altrettanto strani ed enigmatici tanti altri elementi, tanti altri fatti che accompagnano la vita di Israele.

Certo è che se la Torà ha voluto insegnarci fin dalle prime pagine di quanto dolore sia permeata la storia di Israele, se la Torà in questa prima Parashà dell'Esodo ha voluto presentarci, come su un grande scenario, le dure condizioni del popolo ebraico agli albori della sua esistenza, è pur vero che, quasi a conforto di questa realtà la Torà ci fa conoscere fin d'ora l'uomo che della liberazione sarà il primo protagonista: Mosè. Israele nasce sì, nel dolore e nell'esilio, ma nasce contemporaneamente il Salvatore di Israele, come se Iddio avesse voluto, nella sua Provvidenza infinita, predisporre il rimedio al male. Così sono presenti fin d'ora quelli che si potrebbero dire gli attori del grande dramma della vita d'Israele, in questa sua prima fase: Dio, Israele, Mosè. E c'è una pagina che è forse la più bella e la più profonda di questa Parashà, che mostra come questi tre grandi attori prendano simbolicamente contatto e illustra quale sia il significato di questo incontro non tanto nel mondo della realtà e della storia quanto in una sfera che è al di là della realtà e della storia.

La pagina cui voglio alludere è quella che si potrebbe intitolare la vocazione profetica di Mosè, perché ci narra come e in seguito a quali fatti egli accettasse la missione di diventare la guida e il liberatore del popolo. Lontano dalla vita del mondo, nella solitudine del deserto, Mosè ha una visione; una strana visione il cui significato egli comprende solo quando la voce di Dio gli parla e gli svela il mistero che in essa è racchiuso. Una piccola e modesta pianticella che cresce in mezzo alla povera vegetazione che è alle falde del monte Choreb, una piccola pianticella, il roveto, arde in mezzo a un fuoco, arde e non si consuma. Mosè è colpito da questo strano spettacolo e vorrebbe avvicinarsi al cespuglio ardente per meglio darsi spiegazione del fatto; ma qui lo ferma la voce di Dio che lo invita a non procedere più oltre, ma a togliersi, anzi, i calzari dai piedi perché sacro è il terreno sul quale egli si trova. E la voce continua a parlare della misera condizione di Israele in Egitto e della prossima salvezza, della liberazione cioè dalla terra egiziana, aggiungendo che Mosè sarà destinato a portare a compimento questa grande impresa: la liberazione del popolo.

Che cos'è il roveto? qual'è il significato della visione in seguito alla quale Mosè si sente investito di sì alto ufficio?

Ho già avvertito sopra che la Parashà ci presenta uniti, in questa pagina, i protagonisti della storia d'Israele: Dio, il popolo, Mosè.

Ecco qui Dio e il popolo uniti insieme nell'ardente roveto!

È il roveto la piccola e modesta pianticella, è il roveto l'immagine della umile condizione di Israele in Egitto; un fuoco circonda ed avvolge questo roveto che è Israele: è il fuoco di Dio che non consuma e non distrugge, ma anzi riscalda, illumina e infiamma alle cose sacre; Dio avvolge il roveto col suo amore inestinguibile perché è vicino a Israele nell'ora della sventura, gli è vicino a sicura garanzia di salvezza e di protezione.

Di questa grande visione simbolica che ci mostra l'unione inscindibile tra Dio e Israele, chi è il primo, l'unico spettatore? Mosè.

È qui il segno che proprio lui Dio ha scelto per realizzare questa grande verità che è già in atto nel mondo dello spirito e che tra breve sarà in atto nel mondo della storia. E inutile che Mosè si avanzi per sondare e approfondire le ragioni di questo mistero, per comprenderne il segreto: egli non deve cercare la spiegazione di quel fatto, egli deve, invece, prepararsi a calcare con umiltà il terreno sul quale il roveto e il fuoco ardono insieme, egli deve prepararsi ad agire entrando nella stessa orbita del fuoco e del roveto, nella certezza che Iddio che gli ha parlato, Iddio che circonda col Suo fuoco la piccola pianta d'Israele, continuerà a riscaldarla con la Sua fiamma che sarà fiamma di amore, di conforto e di liberazione.

La visione profetica di Mosè è già cominciata ed egli può ormai incamminarsi verso la missione che lo attende.