TORAH.IT
RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI
SULLA TORÀ
IV
WAJERÀ
(Genesi XVIII - XXII)
ABRAMO E LA SOCIETÀ DEL SUO TEMPO
La storia di Abramo
che abbiamo visto essere ampiamente svolta nella Parashà precedente,
continua in quella che ora illustriamo. Anche in questa, è la figura di Abramo che domina il racconto, è la sua personalità che
emerge dal complesso dei vari episodi di cui è intessuta questa lezione
biblica: qui, però, va sempre più delineandosi il carattere specificatamente ebraico
della persona di Abramo, il carattere della sua vita e delle sue idee; qui
ormai Abramo è già entrato nell'orbita di quel patto che il Signore ha
solennemente concluso con lui e, attraverso lui, con la sua discendenza; qui
ormai Abramo non è più un Noachide, un membro, cioè,
della società del suo tempo, ma è ormai, come dice il suo nome, Avraam, cioè " padre di una moltitudine
di genti". Il distacco tra Abramo e la società in cui egli vive, il distacco tra la sua discendenza e quella delle
altre genti, appare sempre più evidente e sempre più insito nel carattere
stesso della missione spirituale abramitica. Questo
distacco che poi diventò un contrasto, si rivela chiaro e assoluto nei primi
capitoli della nostra Parashà che ci presentano, da un lato, il quadro
della vita di Abramo, dall'altro il quadro della
corrotta società del suo tempo. Abramo è ancora un forestiero
nella terra di Canaan; egli la percorre - secondo
l'ordine di Dio - in lungo ed in largo, ma preferisce non prendervi dimora
stabile, preferisce mantenere il suo isolamento e condurre una vita che si
allontana dai centri delle città corrotte e depravate; Abramo sceglie l'ombra
dei terebinti di Mamrè e l'amicizia di pochi
personaggi, ormai entrati nel raggio della sua spirituale propaganda, ed ama la
dimora della tenda che gli permette dì approfondire le sue esperienze
spirituali e di ricevere il messaggio della volontà divina. È un quadro
di vita semplice, ma pura, quello che ci presenta la
Bibbia nella vita di Abramo; è soprattutto la vita di colui che, come aveva
detto il Signore, " cammina innanzi a Dio ", procede integro e
puro nelle sue vie; è, dunque, una vita ispirata all'amore e alla fratellanza
verso il prossimo ed è sotto questo aspetto che la Parashà ci presenta
Abramo, mentre attende, con zelo impareggiabile, al dovere dell'ospitalità,
così trascurato, anzi così ignorato, proprio nelle città che alzavano le loro
costruzioni a così breve distanza dal luogo ove Abramo era accampato. E questo dovere dell'ospitalità, dell'accoglienza fraterna e
buona, che rappresenta una delle caratteristiche essenziali della vita ebraica,
è nell'adempimento di questo dovere che Abramo imprime il suggello alla vita
della sua famiglia e della sua discendenza.
E per contro, nella vicina Sodoma, quale stridente contrasto con la vita di Abramo! Quale corruzione e depravazione, quale misconoscenza dei più elementari doveri della vita umana,
quale enorme distanza fra la concezione della vita di Abramo
e quella di Sodoma! Proprio gli stessi personaggi che
hanno esperimentato l'ospitalità di Abramo, che hanno
riposato all'ombra delle sue tende e delle sue querce, proprio quegli stessi
personaggi esperimentano ora, la violenza xenofoba degli abitanti di Sodoma.
Non è certo a caso che la Torà ha collegato
con un'arte narrativa impareggiabile i due episodi che ci presentano in modo
netto e preciso il divario insanabile tra questi due mondi: uno dei quali
appena sorgente all'alba della vita, l'altro sull'orlo dell'abisso e della
catastrofe ove viene trascinato dall'imperdonabile
depravata condotta di coloro che ne sono i protagonisti. A chi bene intenda il significato profondo della semplice narrazione il
quadro di questi due mondi, l'uno in rovina, l'altro in ascesa apparirà
semplicemente grandioso: mentre la vita si annuncia alla soglia della tenda di
Abramo, mentre una nuova vita sta per sorgere, l'ombra della distruzione si
delinea nel cielo della Pentapoli: il tramonto di Sodoma sta dinanzi alla tenda di Abramo! La vita di questi
due mondi è dominata dalla presenza di quegli esponenti della divina volontà
che presiedono alla vita degli uomini: sono gli angioli, gli stessi angioli,
gli stessi messaggeri dalla cui bocca Abramo riceve l'annuncio della continuità
della stirpe, sono gli stessi angioli che portano a Sodoma
la condanna della città peccatrice; è la stessa volontà di Dio che regola gli
avvenimenti, anzi v'è di più: la Parashà solleva anche il velo del
tragico destino di Sodoma agli occhi di Abramo, la Parashà presenta, al centro dei due
episodi terreni - ad elemento coordinatore di entrambi - il colloquio tra
Abramo e lo Spirito della Universale Giustizia, quel colloquio dal quale
emergono i criteri che sono alla base di quella Giustizia e che rendono
indifferibile la distruzione di Sodoma.
Abramo deve conoscere, deve penetrare - per
quanto è possibile all'umano intendimento - nella visione della giustizia di
Dio che si solleva infinitamente al di sopra di quella
degli uomini. Abramo deve conoscerla, perché lui e i suoi figli dovranno un
giorno percorrere le vie di questa giustizia, applicarla, seguirla,
diffonderla: "e osserveranno la via del
Signore operando carità e giustizia" (Gen. XVIII, 19).
Ed ecco che da questa visione, balza con evidente
rilievo la funzione dell'uomo giusto, degli uomini giusti nella società; la
funzione di quello " Zaddiq "
che Abramo dovrà incarnare e perpetuare: può Sodoma
salvarsi dal destino e dal decreto che ormai è sospeso e prossimo ad attuarsi?
Solo i giusti possono salvare una città peccatrice, solo una piccola
collettività di uomini puri, può con la sua forza, con
la sua attività, col suo merito, salvare una società condannata. Il giudizio di
Dio non è, dunque, il giudizio del mortale; esso abbraccia in uno sguardo
universale la condotta degli uomini, ma questa
condotta non è considerata sotto l'aspetto individuale, ma nei rapporti e nelle
ripercussioni che ha in mezzo alla società. La funzione dell'uomo giusto è vasta
e profonda, essa si estende e penetra nel complesso della società del suo tempo
per vie che sono nascoste allo sguardo degli uomini, ma che si disvelano allo sguardo di Dio; se la forza o il merito
degli uomini giusti sono da Dio giudicati sufficienti
a rigenerare e sanare la collettività, Iddio può salvare questa collettività in
vista della futura rigenerazione.
Questo deve sapere Abramo, questo deve sapere
la discendenza di Abramo che avrà un destino simile a
quello accennato nella visione. L'esempio di Sodoma è soltanto il quadro esemplificatore
di quella giustizia Divina che Abramo deve imparare a conoscere: nel fuoco
celeste che distrugge la città peccatrice, Abramo vede la conferma di quella
legge di giustizia che gli è stata rivelata: egli vede inabissarsi un mondo, ma
sa che un altro dovrà sorgere e sarà quello che egli è chiamato a creare.
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