TORAH.IT
RAV
RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ
III
LEKH -
LEKHÀ
(Genesi
XII - XVII)
LA
VOCAZIONE DI ABRAMO
Le vicende dell'umanità
anteriori e posteriori al diluvio che sono state oggetto dei primi
capitoli della Genesi, formano quasi una grande introduzione alla storia
successiva che è quella delle origini della famiglia di Israele. L'umanità
secondo la Bibbia ha seguito varie fasi nello sviluppo storico dei suoi primi
tempi; queste fasi sono come contrassegnate dal sorgere di alcuni
personaggi di eccezione che segnano come le tappe del faticoso cammino umano:
da Adamo a Noè, da Noè ad Abramo. La Torà sorvola sulle vicende che
intercorrono tra il sorgere dell'uno o dell'altro di questi personaggi e
preferisce soffermarsi sulla vita, sul significato della vita di essi, perché è questo significato che deve imprimere il
carattere alla storia del periodo, dell'epoca o della gente cui quel
personaggio appartiene. E così che dopo la narrazione del diluvio e della vita
di Noè, giungiamo con questa Parashà alla storia di Abramo
e della sua famiglia.
Qui noi entriamo propriamente nel terreno
della storia di Israele o, se vogliamo, della
preistoria d'Israele.
Abramo è il primo padre, è anzi il grande padre d'Israele, è il creatore dell'idea
monoteistica, è colui che getta le basi granitiche dell'idea d'Israele. Abramo
è dunque il primo padre spirituale della gente Ebraica, è colui
che forma il primo modello della vita d'Israele, ma Abramo è anche uomo
che vive in mezzo ad altri uomini ed ha quindi le sue vicende personali che non
si astraggono, ma anzi si collegano e si intrecciano con la sua vita ideale e
spirituale, sì da formare tutta una meravigliosa trama di episodi che gettano
una chiara luce sulle caratteristiche di questo eccezionale personaggio della
storia ebraica. La presente Parashà contiene appunto la narrazione di un
primo gruppo di questi episodi della vita abramitica e ci guida attraverso
tutto l'intreccio delle complesse vicende della vita di Abramo
per condurci poi su quella terra di Canaan che sarà il teatro scelto per lo
svolgimento di quelle vicende.
La partenza dalla originaria
terra di Ur - Casdin per ubbidire alla volontà di Dio e alla missione da Lui
affidatagli, le prime peregrinazioni in terra di Canaan, la temporanea
avventurosa dimora in terra d'Egitto, i rapporti col nipote Lot e i dissensi
tra il suo clan e quello di lui, la guerra dei quattro re contro i cinque e la
partecipazione ad essa di Abramo, il solenne annuncio della futura schiavitù di
Israele, attraverso la simbolica visione degli animali ecc., sono tutti temi di
altrettanti episodi, ciascuno dei quali offre di per sé materia per lo studio e
l'approfondimento della personalità del patriarca.
Dall'esame di questi episodi emerge anzitutto
un fatto, una verità, una caratteristica che dà fin d'ora un'impronta originale
alla storia religiosa d'Israele; il fatto è questo: Abramo non è un mistico,
non è un visionario, non è un uomo che è pervenuto alla conoscenza dell'Unico
Dio attraverso l'ascesi o il distacco dal mondo, no. Abramo è un uomo che vive
in mezzo al mondo in mezzo agli uomini, è un uomo che vive in un'epoca e in un
mondo in cui gli uomini erano molto lontani da quell'idea che egli andava
proclamando, egli vive in quell'epoca successiva alla generazione che aveva
costruito la torre di Babele, e che quindi viveva nel culto dell'ambizione e
della forza, rinnegando i più alti valori umani e Divini: ebbene, Abramo è la
vivente protesta contro questo mondo, Abramo è il primo isolato, è il primo ad
annunciare un nuovo verbo che non sarà mai più destinato a mutarsi; Abramo
sente di ricevere da Dio la missione di annunciare in un mondo avverso, la verità di Lui, la unicità di Lui, la fede in Lui. È perciò
che la Parashà si inizia con quella che si
potrebbe chiamare la vocazione di Abramo e l'esordio solenne di essa, traccia
già a grandi linee la figura di Abramo, la posizione di lui di contro al mondo:
"Lekh Lekhà", Va per conto tuo dalla tua terra, dalla tua città,
dalla casa di tuo padre, va verso la terra che ti mostrerò (Genesi, XII,
1).
Tutta la storia di Abramo
e della sua progenie è già racchiusa in questo verso, in questo solenne imperativo
che mette subito a dura prova la preparazione di Abramo: lasciare tutto,
proprio tutto, la patria, la famiglia, l'ambiente per andar dove? dove egli non sapeva, ma dove Iddio l'avrebbe guidato; non è
già questa una prova di illimitata fiducia in Dio?
"Lekh lekhà" vattene per tuo conto, staccati da questo mondo
idolatrico e segui la tua vocazione, il tuo istinto,
il tuo mondo spirituale: conservalo, accrescilo, siine geloso e, soprattutto,
preservalo nonostante l'ambiente avverso. In questo imperativo c'è già tutta la
storia di Abramo; comincia la prima di una serie di
dure prove alle quali Abramo sarà sottoposto e che si realizzeranno in mezzo al
mondo, in mezzo alla vita degli uomini; sono prove in occasione delle quali
Abramo dovrà sempre dimostrare di essere fedele al suo isolamento, al suo "Lekh
lekhà" che è la prima parola della sua vita. Ed Abramo infatti supererà tutte queste prove, sarà sempre, in ogni
occasione, fedele all'idea e fedele a Dio, dimostrerà di essere il primo
creatore, il primo artefice di quella "emunà", di
quell'abbandono alla volontà del Signore che dovrà essere la forza sua e dei
suoi figli; egli sarà davvero il primo uomo religioso, il primo uomo che si
appoggia a Dio, e sarà così fonte di benedizione per l'umanità.
Quando, come ci espone
la Parashà, Abramo riceve l'annuncio della discendenza che da lui avrà origine,
di questa discendenza della quale per legge di natura, egli ormai credeva di
essere privo, il Signore gli ordina di uscir fuori dalla tenda e di rivolgere
lo sguardo verso il Cielo stellato: là egli dovrà guardare, non alla terra e
alle vicende che si svolgono secondo gli umani accorgimenti e le umane leggi,
ma al Cielo, alle leggi del Cielo dovrà essere rivolto il suo sguardo, perché
la sua discendenza avrà una origine e una storia che sarà fuori dalla legge
degli uomini, e sarà creazione diretta di Dio. Questo il comando. Abramo
ubbidisce a quel comando e volge il suo sguardo verso il Cielo: il suo cuore - dice la Torà - fu fiducioso e sicuro nella forza
di Dio. In quello sguardo, in quella forza sta tutta la vita di
Abramo.