TORAH.IT
RAV
RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ
II
NOACH
(Genesi
VI - XI)
IL
GIUSTO: SOSTEGNO DEL MONDO
Dopo averci descritto come avvenne la
creazione del mondo per opera di Dio, la Bibbia si volge subito alle vicende
dell'uomo, di quell'uomo che, essendo scopo principale della creazione, avrebbe dovuto imprimere ad essa il suggello della sua
nobiltà. E qui comincia subito il dramma della vita
umana: l'uomo che era stato creato da Dio perché coltivasse e conservasse le
delizie del giardino terrestre, l'uomo che era stato creato per il bene e per
il culto delle cose belle e vere, si allontana presto dalla sua originaria
destinazione e cade facilmente nella colpa e nel peccato.
La Bibbia ci descrive come questa caduta avvenga quasi per un lento e fatale abbandono alle passioni,
agli istinti e alle seduzioni, sì da coinvolgere a poco a poco tutta l'umanità
di allora; anzi col progressivo aumentare di questa, aumentano le colpe, colpe
di violenza, di rapina e di depravazione, sicché l'uomo, questo tipo d'uomo,
creato da Dio, scende al più basso livello della vita morale e Iddio, che non
riconosce più in lui l'opera delle Sue mani, ma che anzi vede in lui il
distruttore dei fini della creazione, giudica quest'umanità peccatrice degna
della totale distruzione. La storia del mondo si apre così - dopo poche
generazioni col racconto delle colpe degli uomini e delle conseguenti sanzioni
punitrici, cioè con quelle linee e con quei motivi che
saranno destinati a rimanere come i più costanti nella vita del genere umano,
attraverso i secoli, fino ad oggi. Certo quell'umanità così lontana e remota da
noi, doveva essere molto diversa da questa nostra per caratteristiche fisiche,
per condizioni climatiche, per diversità di ambienti,
per attitudine di vita; e, forse, anche in queste diverse condizioni sta la
ragione della straordinaria diversità del castigo che doveva colpire quei
lontani capostipiti del genere umano; ma in mezzo a tante diversità, una cosa
resta immutata ed eguale per gli uomini di ora e di allora: la tendenza al
peccare, la facilità, direi, dì lasciarsi travolgere nella colpa fino alle più
fatali conseguenze.
È questo aspetto che
dà subito ai racconti biblici un'impronta di umanità e di attualità che ce li
rende vicini e ce ne fà sentire l'eterno valore.
E dunque, con sì funesti presagi e con una
colorazione così pessimistica che si inaugura il
racconto delle vicende umane sulla terra? No. A chi legga
con attenzione la Bibbia, a chi sappia approfondirne il senso, questa
impressione sembrerà senza dubbio affrettata e inconsistente. Insieme al primo
annuncio della prossima distruzione dell'umanità, v'è anche quello della sua
salvezza; la storia del diluvio si apre con quella di Noè: il diluvio questo
grande immenso uragano distruttore è anzi annunciato per primo a Noè. Si direbbe che in tutto il triste succedersi degli avvenimenti
che porteranno al diluvio, è piuttosto la figura di Noè e il fatto della sua
salvezza che si impongono sul primo piano del racconto, più ancora del
cataclisma destinato a travolgere la terra peccatrice. E questo sembra lo scopo
della Torà quando inizia la Parashà del diluvio con le
parole: "Noè era un uomo giusto, integro egli era in mezzo alla sua
generazione" (Genesi VI, 9).
Noè è e resterà il prototipo del giusto anche
per le età successive, e "il giusto è sostegno del mondo" (Proverbi
X, 25).
L'umanità è punita, ma l'umanità sarà salva
per quel giusto; qui siamo dinanzi all'umanità senz'altro appellativo, e pure
qui sono già affermati in pieno quei principi, quelle
verità che l'Ebraismo più tardi proclamerà non come sue ma come patrimonio di
tutti gli uomini. Che il giusto, a qualunque terra o qualunque popolo
appartenga, abbia il suo gran peso nell'economia
morale del mondo, è una verità che l'Ebraismo non si stancherà mai di ripetere;
e questa stessa verità viene qui non solo enunciata teoricamente, ma, ciò che
vale assai più, viene applicata praticamente rispetto alla Divina universale
giustizia. Noè è lo "Zaddiq" per i meriti del quale l'umanità è degna
di rinascere, è l'uomo che può far rifiorire una nuova semenza di vita, è
l'uomo che può anzi che dovrà far rinascere la vita su nuove basi; da lui,
dallo "Zaddiq"avrà origine una nuova umanità. Non importa se i più
grandi cataclismi distruttori si abbatteranno sull'umanità peccatrice: il
diluvio universale o qualsiasi altro castigo potranno
cancellare dalla faccia della terra gli uomini e le genti che hanno violato la
legge di Dio, ma anche in mezzo alle più fitte tenebre, un raggio di luce potrà
ancora illuminare il mondo.
Da esso come dalla
luce del primo giorno potrà rinascere la nuova vita e la nuova umanità; quel
raggio - segno visibile dello spirito - potrà sempre accrescersi e dilatarsi
fino a solcare l'intero Cielo e abbracciare la sottostante terra, come l'arco
iridescente della divina promessa che risplende luminoso sulle fatiche e sugli
affanni degli uomini.